Etiopia tra miti e leggende
Riprende l’avventura in Etiopia proprio dai tesori nascosti di Axum.
Rapiti dal fascino mistero che ci circonda, decidiamo di fermarci 2 giorni prenotando una stanza all’hotel Yeha, che si trova appollaiato in cima a un dirupo alto e scosceso e che domina le stele..
Probabilmente l’albergo è troppo vecchio per aspirare a camere “iper-confortevoli“, ma tutto sommato rimane il posto migliore dove soggiornare in città.
Un solo biglietto d’ingresso ha consentito di visitare tutti i luoghi interessanti siti nelle immediate vicinanze della città, l’intera zona infatti è disseminata di antiche stele.
È stato curioso riflettere sul fatto che il 90% dei tesori di Axum non siano ancora stato portati alla luce…infatti in più occasioni abbiamo avuto l’impressione di sentire l’eco di una tomba ancora chiusa risuonare sotto i nostri piedi.
Come Indiana Jones
Muniti di torcia elettrica, il pensiero della profondità del suolo, e un continuo sali e scendi tra le tombe, mi ha fatto navigare con la fantasia su tesori e segreti, in attesa di essere scoperti…per un attimo mi son sentito un esploratore!!
Visitiamo l’intera area degli scavi percorrendo in 2 giorni più di duemila anni di storia.
Non ci siamo lasciati sfuggire la possibilità di visitare i bagni della Regina di Saba e l’affascinate Dungur, il palazzo reale di Saba, dove meticolosi scavi hanno riportato alla luce per intero tutte le 44 stanze che lo costituivano.
Continuavo a ripetermi:
“Ti rendi conto che stiamo camminando tra le stanze dove è vissuta la Regina di Saba?”!!
Incredibile gironzolare tra le stanze, la cucina, le sue ampie sale, i suoi bagni e scoprire come d’incanto che verso l’ora del tramonto tutto il palazzo s’infuocava di rosso.
Dopo due stupende giornate, lasciamo Axum con il suo “mistero irrisolto”…
La Valle del Tigrai
Abbiamo continuato il nostro viaggio in Etiopia prendendo direzione Adigrat , dove ci saremo fermati altri 2 giorni per visitare la Valle del Tigrai, prima però abbiamo dovuto scavalcare le spettacolari montagne di Adua in uno scenario a dir poco surreale, fatto di paesaggi fiabeschi.
L’adrenalina ormai scorreva a fiumi, al solo pensare all’impresa di scendere quelle montagne con precipizi vertiginosi e i freni del nostro bus che puzzavano sempre più di bruciato ad ogni curva seguita subito da una discesa credevamo di ormai di non farcela, quante volte mi è venuto il gesto di dover frenare con i miei piedi (alla Fred Flinstone), con la paura di andare dritto ad una curva.
Ma anche stavolta siamo arrivati “incolumi” ad Adigrat, chiaramente verso l’ora di cena, dopo un’altra a dir poco interminabile giornata in bus.
Il giorno successivo finalmente di buon mattino visitiamo la Valle del Tigrai con le sue 120 chiese che ci hanno lasciato letteralmente senza fiato, per le scalate che ci attendevano, sono quasi tutte abbarbicate su versanti di remoti pendii che richiedono lunghe camminate, talvolta su tratti quasi vertiginosi…
Ci siamo resi conto che l’impresa sarebbe stata ardua e optiamo per visitarne solo 2, quelle “scartate” erano eccessivamente pericolose da raggiungere, in quanto prive di qualsiasi barriera di protezione, e qui se ti capitava qualcosa eri morto.
A nostro rischio abbiamo deciso in gruppo quale scalare, si è optato per il Maryam Kokor.
Trekking “diversamente light”..
Il sentiero per raggiungerla comincia a 1 km dalla strada sterrata, richiede una salita decisamente ripida di un circa un’ora, con un dislivello di 400metri, alcuni si sono ritirati per la pericolosità, altri come me son riusciti a salirla a metà, perché l’ultimo tratto è situato in cima a un agghiacciante precipizio, il tratto è talmente esposto che mette fa desistere anche i più coraggiosi…
Ammetto che mi stavano tremando le mani dalla paura, perché l’ultimo tratto dovevamo sostenerci a mani nude e sotto di noi il vuoto di 400 metri. Una pazzia!! 😯
Così, proprio per non rischiare la vita mi sono fermato a metà percorso, e devo dire che il panorama da lassù lo rendeva comunque spettacolare, nonostante abbiamo tralasciato i tesori nascosti così gelosamente custoditi dai monaci.
Anche la discesa ha richiesto nervi d’acciaio, sarebbe bastato mettere un piede sbagliato e si cadeva giù nel vuoto!
Alla fine eravamo talmente sconvolti dall’impresa appena conclusa, da farci rinunciare a fare altre scalate, sia per la fatica, sia per il pericolo che dovevamo nuovamente affrontare con il rischio di rovinare il proseguo del viaggio.
I giorni trascorrevano così velocemente che senza renderci conto, eravamo giunti all’ultima tappa del nostro viaggio la più bella, tenuta volutamente per ultima: Lalibela.
Lalibela: l’antica Roha
Dopo ore e ore passate sul un piccolo bus immancabilmente tra strade sterrate giungiamo verso l’ora del tramonto a Lalibela, e subito ci siam resi conto che qui non esistono auto, non esistono motorini…la gente è tutta a piedi!
Ci siamo trovati un albergo per fermarci 3 notti per goderci gli ultimi giorni della nostra avventura Etiopica.
Decidiamo di pernottare in centro, presso l’Hotel Seven Olives, l’albergo più vecchio di Lalibela ora di propietà della chiesa.
È immerso in un giardino pieno di uccelli colorati, nonostante il prezzo richiesto è troppo alto per le sue camere logore, decidiamo comunque di fermarci qui, perché è il punto di partenza ottimale per visitare la città antica, diventata tra l’altro patrimonio mondiale dell’Unesco.
Lalibela ti lascia senza fiato! È un insieme di storia e mistero congelati nella pietra.
A prescindere da quanto abbiate potuto sentire a proposito della città e da quante immagini abbiate visto delle sue straordinarie chiese scavate nella roccia, nulla al mondo potrà prepararvi al momento in cui la vedrete con i vostri occhi…credetemi non è soltanto patrimonio dell’umanità ma è davvero una meraviglia del mondo!!
Tutte le chiese sono costruite nel sottosuolo, è possibile visitarle tutte e 7, vi consiglio di prendervi una guida, altrimenti vi potrebbero sfuggire molti dettagli strabilianti che ogni chiesa offre.
Il giorno successivo decidiamo di girare da soli, perché perdersi nel dedalo di gallerie sotterranee è un’esperienza memorabile, indelebile.
Una tra tutte che mi ha colpito è il Bet Giyorgios, in quanto rimane isolata rispetto alle altre, la chiesa di San Giorgio è considerata il capolavoro di Lalibela, l’apogeo della tradizione rupestre con cui si raggiunge la perfezione, con una base a tre livelli alta 15 metri a forma di croce greca.
Si deve percorre un tunnel al buio per giungere alla chiesa, alcune delle cavità nelle pareti che la circondano ospitano corpi mummificati.
…e come tutti i sogni…
Velocemente volano anche questi 3 giorni e dobbiamo lasciare a malincuore Lalibela, ci siamo fatti accompagnare all’aeroporto, che dista circa 40 minuti di viaggio sulle solite strade sterrate e polverose, e in un’ora di volo siamo atterrati ad Addis Abeba, dove trascorriamo l’ultimo giorno.
Ne abbiamo approfittato per visitare il mercato in questa metropoli africana in un luogo di grandi contrasti, infatti siamo stati subito scippati dei nostri cellulari e qualcuno di noi anche del portafoglio…
Così in maniera molto brusca ci rendiamo conto di essere stati catapultati violentemente nella vita moderna.
Mentre quel bellissimo spazio temporale che ci aveva portato indietro nel tempo, in Etiopia, rimane un incredibile sogno…ma che noi abbiamo vissuto.
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