Route66, vivere un giorno alla Easy Rider
Prima della nostra partenza mi sono spesso sentita chiedere…
“Potranno due motociclisti come voi attraversare gli States senza fare qualche chilometro in sella ad una moto? “
Farci fuggire l’occasione di correre lungo una delle più storiche strade d’America, la mitica Route66 con i capelli al vento, indossando per un giorno i panni di Peter Fonda e Denis Hopper come nel film Easy Rider?
GIAMMAI!!!! 😆
Naturalmente in sella ad una Harley Davidson, la moto americana per eccellenza, la casa motociclistica che in ogni città, anche la più piccola, ha una filiale dove è possibile noleggiarne una.
Abbiamo organizzato il viaggio senza avere una idea precisa di quando e dove avremmo noleggiato la moto, sicuri che l’occasione si sarebbe presentata.
Abbiamo capito che era arrivato il momento a Flagstaff, splendida cittadina dell’Arizona, dove ci siamo fermati per un paio di notti.
Quando la “sorte” ci mette lo zampino..
Il caso ha voluto che il nostro hotel fosse proprio vicinissimo ad un Moto-Rental Eagle Rider.
La mattina della partenza da Flagstaff abbiamo atteso l’apertura del negozio gestito da un gigantesco ragazzone biondo che ci ha accolto con un forte accento tetésco.
Siamo rimasti alquanto sorpresi a sapere che quasi tutte le moto erano state prenotate e per noi era rimasta “solo” una Electra Glade, nera come la notte, a noi andava più che bene. 😯
Sappiate che come per il noleggio delle auto, anche per le moto, il prezzo viene raddoppiato se la si lascia in uno stato diverso da dove la si è ritirata; nel nostro caso infatti avevamo deciso di restituirla a Las Vegas (Nevada).
Mentre stavamo aspettando che il biondone compilasse i documenti necessari, in negozio sono entrate due coppie di italiani, di Milano (così almeno mi pare di ricordare), che stavano facendo la Route66 all’incontrario, ossia da L.A. a Chicago, e anche loro avevano prenotato due moto per farne un pezzo in sella ad una Harley.
Dopo aver alleggerito la carta di credito abbiamo fatto conoscenza con la FLHT, il tipo biondo ci ha spiegato dove si trovassero (nel bauletto di dimensioni “americane”), i documenti del mezzo e i caschi, obbligatori in Nevada.
Abbiamo fatto il pieno e siamo partiti verso ovest, non prima di esserci spalmati gambe, braccia e viso con la protezione solare.
Dietro a noi la “safety car“, con i nostri amici al seguito con l’auto e con le scorte di acqua che si sono rivelate preziose lungo la strada.
La prima tappa, appena fuori Flagstaff, è stata la stazione di servizio Richfield, teatro e location delle scene girate in EASY RIDER…
La struttura adesso è chiusa e abbandonata da anni, comunque in buone condizioni.
C’è solo una locandina del film appesa ad una finestra a ricordare l’evento di tanti anni fa (1969)…
Per arrivarci non ci sono indicazioni; avevo letto che per trovarla bisogna uscire dall’Highway 40 a Bellemont, impegnare un vecchio tratto della Route 66, che ad un certo punto termina adesso alla linea ferroviaria, e poi seguire le indicazioni per la concessionaria Harley Davidson e Roadhouse Bar & Grill, quindi superarle.
Dopo neanche un chilometro, sulla sinistra, si trova la stazione di servizio Richfield che giace li immobile, ancora con le pompe di benzina che non possono più offrire nulla.
La tappa è durata solo il tempo di fare qualche foto e poi via, di nuovo diretti verso il Far West.
Proviamo ad acclimatarci..
A mano a mano che le miglia scorrevano lente sotto le nostre ruote, avevamo la netta sensazione di lasciarci alle spalle non solo l’asfalto, ma anche la leggera frescura offerta dal verde e dagli alberi che circondano Flagstaff.
L’orizzonte davanti a noi stava cambiando ed il caldo si faceva sempre più insistente.
Una voce dentro me cominciava a echeggiare:
Questa è l’Arizona Baby”!
Avete presente l’aria calda del phone?
Ebbene, immaginate di averne davanti uno enorme che vi spara addosso continuamente un getto potente di aria quasi bollente.
Aggiungete poi il il caldo dell’asfalto sotto le ruote, e il nostro destriero di Milwaukee che non trasuda certo brezza di montagna…ecco questa è la sensazione che abbiamo provato!!
La cosa strana, poi, è che tutto questo caldo non fa sudare; anzi, la pelle è asciutta ma si sente frequentemente il bisogno di bere.
Praticamente il sole ti prosciuga senza che tu te ne accorga….ed eravamo solo all’inizio…
In ogni caso ci stavamo divertendo tantissimo!
Il nostro sogno si stava realizzando ed oltretutto eravamo nel bel mezzo degli States in groppa alla signora delle strade…
L’eccitazione del momento era così tanta che quasi non sentivamo l’innalzamento della temperatura…o quasi…!! 🙄
Verso l’ora di pranzo siamo arrivati dalle parti di Kingman, sempre in Arizona, dove abbiamo fatto sosta per mangiare e rinfrescarci in un tipico bar/ristorante.
Ad accoglierci all’ingresso del locale, la sagoma di Calamity Jane con la quale Ivan si è fatto l’immancabile foto, poi tutto attorno alle parenti decine di televisori sintonizzati su partite di calcio, di baseball, gare di golf, tennis.
Pranziamo con mezzo sandwich a testa accompagnato da una pepsi fresca.
Mi rendo conto che faccio fatica a raffreddarmi, e a poco serve l’aria condizionata, la bibita fresca ed il bagnarmi faccia e polsi sotto l’acqua corrente fresca.
Comunque è tempo di ripartire. Abbiamo intenzione di raggiungere la cittadina di Oatman, una ghost town la cui caratteristica principale è che lungo le sue strade circolano liberamente alcuni asini.
Ghost Town, Cactus e deserto del Mojave davanti a noi: La ricetta PERFETTA!
Montiamo in sella e pochi chilometri fuori della città di Kingman prendiamo le indicazioni per Oatman, sempre rimanendo sulla Route66.
Percorriamo la Oatman Road nel mezzo al deserto del Mojave per poi, ad un certo punto, inerpicarci su per le Blacks Mountains.
Lungo la strada non incontriamo anima viva.
A indicarci che il deserto non è veramente “deserto” solo rade cassette della posta piantate lungo la strada, talvolta con accanto delle sedie di plastica.
Cassette per la posta = abitazioni, e infatti allontanando lo sguardo notiamo delle case, o meglio quasi dei container, costruite in lamiera, collocate parecchio lontano dalla strada principale.
Presumibilmente abitate da indiani, visto che ci troviamo in una delle loro riserve.
Ovviamente davanti alle case non mancano gli enormi PICK-UP che per assurdo sembrano più grandi delle costruzioni stesse.
Dopo una trentina di chilometri sotto il sole cocente arriviamo a Oatman, riceviamo il benvenuto da un enorme cactus situato all’ingresso della città.
Oatman si presenta come il classico paesino dei film western, con la via principale attorniata da case di legno a due piani, oggi adibite a bar, ristoranti, empori di souvenir.
C’è anche un motel dove è possibile pernottare.
Si tratta dell’Oatman Hotel, famoso per il fatto che qui hanno trascorso la loro luna di miele Clark Gable e Carol Lombard dopo il loro matrimonio.
Avevo letto che fino a qualche tempo fa, ad un orario prestabilito, si palesavano due uomini vestiti da cowboy che inscenavano una sparatoria, stile “Mezzogiorno di fuoco”, ma a causa di “misteriosi incidenti” hanno smesso.
Arrivando in paese notiamo che la nostra è l’unica moto che c’è in giro.
Parcheggiamo lungo la strada, nel lato all’ombra, ma subito scopriamo perché abbiamo trovato subito posto; è il lato preferito degli asini che dopo aver rincorso i turisti ragliando ed elemosinano del cibo poi cercano riparo al fresco fino a quando non notano qualcun altro da inseguire.
Ce ne siamo accorti quando un asino si è infilato tra la nostra moto e la staccionata di un negozio e, probabilmente, sentendosi imprigionato, ha iniziato a scalciare la moto facendola dondolare pericolosamente. Ivan l’ha subito spostata e parcheggiata dal lato sole. 😯 😡
Gli asini sono i padroni del paese, incuranti delle macchine che passano, attraversano la strada all’improvviso oppure si piantano nel mezzo, e guai a suonare il clacson.
Insomma, vengono lasciati liberi di fare quello che vogliono e tutti li rispettano; d’altronde sono l’attrazione del paese.
Oatman è piccola e per girarla basta poco.
Facciamo una passeggiata entrando a curiosare in alcuni negozi di souvenir ma ci sono le solite cose presenti in quasi tutti gli empori; le cose più carine e originali sono i gioielli in argento realizzati dagli indiani ma costano parecchio, per cui non compriamo nulla.
Ci sediamo sotto i portici su una panchina di legno a mangiare un ghiacciolo, godendoci il momento ed il posto.
Davanti a noi ancora molte miglia, la polvere del deserto e il sole cocente
Da lì a poco ripartiamo perché la strada per Las Vegas è ancora lunga; ci dirigiamo a Fort Mohave dove ci hanno assicurato esserci un distributore di benzina per la nostro moto che sta rimanendo a secco…(la benzina evapora?) 🙄
Approfittiamo del “breve” tratto per far provare il brivido HD anche alla nostra amica Elena.
Arriviamo al distributore che ci avevano segnalato dopo una trentina di minuti e quasi al limite dell’autonomia.
Fatto il pieno alla moto e reintegrati i liquidi bevendo mezzo litro di acqua a testa, proseguiamo verso Las Vegas.
Il caldo è sempre più insopportabile. I nostri amici che ci seguono con l’auto ogni tanto scrivono su un pezzo di carta, che appoggiano al finestrino, i gradi che segna la macchina.
Ad un certo punto abbiamo raggiunto i 52 gradi…ci siamo commossi… 😯 😳
Meglio non pensarci!!
Al confine con il Nevada, scatta l’obbligo di indossare il casco ed è proprio mentre mi alzo per scendere dalla moto e recuperare i caschi dal bauletto che ho un improvviso calo di pressione e quasi svengo tra le braccia di Ivan.
Un gentilissimo passante che ha assistito alla scena mi offre la sua bottiglietta di acqua mezza vuota, calda..ma era la cosa più buona che avessi desiderato in quel momento..!!
Recupero in fretta, ma Ivan decide di proseguire da solo ed insiste per farmi salire in macchina dove ci sono i nostri amici con le scorte di acqua.
Mi giro in continuazione per osservare Ivan che ci segue e per cercare di capire se lui stia bene…sono abbastanza preoccupata!
Invece lui mi sorride e sembra divertirsi un mondo, anche se la moto che sta guidando non è proprio nelle sue corde.
La strada per “la città dei balocchi” è praticamente una lunga striscia d’asfalto che scorre nel bel mezzo del deserto e sembra non avere MAI fine.
Diamo la possibilità di godere dell’adrenalina Harley anche a Mauro, da molti anni distante dalle due ruote, ma sembra non aver dimenticato come si fà..
Sopraggiunge il crepuscolo e poi la sera ma il caldo non diminuisce…anzi! 😈
All’improvviso ci sorprendono le luci della città e dopo aver corso ancora per una buona mezzora per attraversarla arriviamo davanti al nostro albergo, il Winn.
Siamo stanchi ma contenti di aver fatto questa esperienza.
Convinti che altrimenti ci sarebbe rimasto l’amaro in bocca.
E poi, al fresco dell’aria condizionata dell’auto, come potevamo renderci conto delle condizioni estreme e proibitive che ci possono essere in quelle zone.
Forse fare tutta la Route66 in moto sarebbe stato più leggendario, ma non ci avrebbe permesso appieno di goderci un viaggio del genere a 360°…
Nel mio piccolo mi sento MOLTO più che soddisfatta!
Ecco, questa è un’altra avventura che possiamo raccontare e fissare per bene nella nostra memoria!
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